Comunicanter
La frase che mi ha ispirato a riprendere in mano la penna è stata la notizia che un autore-sceneggiatore di fiction ha appena pubblicato un racconto dal titolo “L’amore ai tempi del Coronavirus”. Ha avuto la mia stessa idea ma chissà a quanti altri balenava in testa questa frase forse stimolata dal ricordo del capolavoro di Gabriel Garcia Marquez “L’amore ai tempi del colera” dal quale è stato tratto anche un bellissimo film.
E’ difficile fare un’analisi lucida della situazione visto che siamo segregati in casa sul modello arresti domiciliari oltre al fatto che la vita ci è stata sconvolta e possiamo solo uscire per necessità mediche o contingenti: fare la spesa o comprare medicine. Di andare al lavoro forse se ne parla fra un mese, almeno per la categoria degli insegnanti di cui faccio parte.
Ritengo di dovermi soffermare un po’ sulla libera circolazione del pensiero in questi giorni. Gli individui con problematiche di precaria sanità mentale e molti bordeline inconsapevoli, potrebbero cominciare ad avere seri problemi causati dalla clausura imposta. A meno che non trovino una manciata di attività ossessive da praticare tutti i giorni più o meno negli stessi orari.
Vista la mancanza di libertà di movimento e la visione di incertezza nel futuro, sembra che la stabilità della routine possa sortire qualche risultato nella gestione del “morbin”, eloquente parola veneta che significa l’irrefrenabile voglia di muoversi a destra e a manca senza soluzione di continuità. Oggi 22 marzo 2020 il brutto tempo aiuta, state in casa, il ritornello che risuona fino alla nausea dappertutto anche dai megafoni come in tempo di guerra. Ormai abbiamo perso il conto ma credo siamo arrivati sicuramente a più di dieci giorni di pseudo-quarantena o meglio clausura o come la si voglia chiamare.
Il mio pensiero in questo caso va a Casanova e al suo bellissimo libro “Fuga dai piombi” che lessi in età adolescenziale. Visto che è passato moltissimo tempo non ricordo esattamente tutte le vicende ma l’atmosfera si. Casanova era stato imprigionato pare per comportamento libertino ma anche perché risultava essere un personaggio scomodo, ribelle ed indipendente. La cosa che ricordo maggiormente è l’atmosfera del libro, tutto ambientato nelle terribili prigioni dette appunto piombi, le soffitte di Palazzo Ducale.
Casanova maestro nell’arte di amare era estremamente colto ed intelligente e riuscì a fuggire architettando un piano nei minimi dettagli e supportato da un pizzico di fortuna, amica degli audaci. L’altra immagine che mi è rimasta impressa nella mente dopo tanto tempo è la sensazione da lui provata quando finalmente si trovò fuori da una delle porte del palazzo.
L’altro aspetto che mi sovviene è il ritmo avvincente del libro: si è costretti a finirlo nel più breve tempo possibile perché pervasi da un bisogno impellente di sapere che cosa succederà. Credo che il desiderio di libertà sia trasferito in modo efficace e autentico.
Mai come in questi momenti di clausura forzata ci si rende conto del grande valore della libertà. Il sacrificio va fatto per il bene comune nella speranza che i nostri governanti siano lungimiranti e non brancolino nel buio. Non si può tenere un popolo chiuso per troppo tempo, la situazione potrebbe detonare e sfociare in sommosse e rivoluzioni.
L’altro pensiero che mi sovviene riguarda l’influenza spagnola, spesso citata da mia nonna - era del 1898 - e che cento anni fa fece una strage. Mi sembra strana questa coincidenza, esattamente un secolo e mi fa riflettere sui corsi e ricorsi storici tanto cari a Giambattista Vico. Del resto noi umani siamo un mare nell’oceano della storia ma difficilmente ce lo ficchiamo in testa.
Ci sono molte parole che si sentono con maggior frequenza: schizofrenia dei mercati, virus, malati, mascherine, guanti, ausili medici etc. Alcune prima d’ora mai nominate da nessuno e ancora lockdown (bloccare) della quale ignoravo il significato fino a ieri e che credo sia l’equivalente di quarantena. Già se qualcuno avrà voglia di fare una ricerca internet sui motori potrà trovare quelle più usate e cliccate. Una sorta di vocabolario del virus.
Mi colpisce molto la questione del parlamento e come qualcuno metta in dubbio il fatto di riunirsi di questi tempi. Ma perché non si deve riunire? Prendano esempio dai medici, dagli infermieri o dalle cassiere. La classe dirigente a volte sembra becera ed egoista, sempre pronta a scontrarsi per motivazioni ideologiche e logiche di partito, attenti a difendere una categoria solo per una questione di voti. L’equità e l’uguaglianza sembrano sempre concetti astratti nonostante ci sia l’articolo 3 della Costituzione.
Ho letto alcuni articoli che citavano gli scritti del Boccaccio (introduzione al Decamerone) relativamente alla peste del 1348 ed altri che riproponevano alcuni capitoli del Promessi sposi del Manzoni sulla peste del 1630. In questi testi che in parte ricordavo nei tratti salienti perché letti e studiati a scuola, si descrivono anche i comportamenti della popolazione e dei governanti che poco si discostano dalla situazione attuale. Come al solito sono gli scrittori e i poeti che rendono la cifra che si respira durante le pandemie. Difficilmente la storia riesce a rendere gli stati d’animo e le reazioni emotive dei comportamenti umani. Certo descrive i fatti ma per calare emotivamente il lettore dentro all’atmosfera del periodo storico che descrive, giocoforza deve inserire scritti poetici o di scrittori e romanzieri che riescono a rendere in modo efficace ed immedesimativo i moti dell’animo umano che spingono poi all’azione.
Credo di avere ancora una visione antica dell’analisi della realtà e di certo la comparazione con periodi lontani mi rende forse più facile interpretare comportamenti che altrimenti parrebbero dissennati ed assurdi.
Quindi tutto normale, l’animo umano e quindi il comportamento umano non cambia ma rimane costante ed analizzabile in epoche diverse.
L’interesse per l’economia nella sua interpretazuone non etica e quindi esclusivamente rivolta al denaro o meglio al profitto personale, spinge ovviamente verso scelte egoistiche. Il fatto di non limitare e ridurre all’osso le attività economiche - ad esempio in Lombardia - sta determinando una strage di nonni. Nonostante da giorni i medici dicano che gli ospedali sono al collasso, solo ora forse si interviene per chiudere tutto. Quanti cortei militari che trasportano le bare debbono ancora passare per fermare tutto? Sicuramente ci sarà qualcuno che sta facendo i conti di costi e benefici.
Una cosa è sicura. Non per vigliaccheria ma non vorrei trovarmi al posto dei governanti in questo frangente. Ora fanno marcia indietro ma fino a ieri con i tagli alla sanità e la sottovalutazione del problema di cui stiamo pagando le conseguenze, hanno dimostrato la loro totale inadeguatezza. Il dio denaro fino a questo momento ha prevalso su tutto ma ora ci si rende conto che anche i milionari possono morire di Covid 19. E da qui il paragone con la peste del 1630 che falcidiò il 50 per cento della popolazione senza distinzione di ceto. Ci vorranno anni per fare un’analisi seria di questa pandemia. Spero che ciò serva ad avere maggiore rispetto della natura e della vita: la razza umana non può essere come uno sciame di cavallette che distrugge il mondo. E come diceva bene un mio amico artista-musicista e operatore scolastico per necessità: “Ci stiamo comportando come gli abitanti dell’isola di Pasqua che si estinsero perché distrussero tutte le loro fonti di sostentamento pur di prevalere gli uni sugli altri”.
Forse siamo destinati all’estinzione? La comparsa di un virus letale è un episodio ciclico che si ripresenta saltuariamente nell’arco di un millennio. Successe anche nell’Inghilterra medievale quando la peste nera uccise i nobili proprietari terrieri che furono sostituiti dai braccianti superstiti che si assursero a padroni. Non so se ci sia una forma di giustizia in tutto questo. Di certo io persi i genitori a distanza di due anni e un amato fratello nei sei successivi e quindi purtroppo so che cosa stanno passando i parenti delle vittime e coloro che assistono i malati nelle terapie intensive.
p.m.
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